Radiofrequenze tiroidee

La termoablazione tiroidea con radiofrequenze consiste nella riduzione volumetrica di un nodulo tiroideo sfruttando il calore generato da una sorgente di energia. Questa metodica consolidata da anni viene routinariamente eseguita da professionisti specializzati per neoformazioni anche in altri organi quali fegato e polmone. Negli anni si sono studiate a livello internazionale varie metodiche per poter applicare la metodica anche in campo tiroideo : le radiofrequenze, il laser , le micro onde con risultati molto diversi.

Avendo provato le varie metodologie sul campo ritengo le RFA tiroidee siano la soluzione di maggiore vantaggio per il paziente con la minore invasività, questo in accordo con le principali linee guida nazionali ed internazionali . L’indicazione principe delle RFA è la riduzione volumetrica di un nodulo tiroideo benigno, voluminoso che crescendo può dare sintomatologia compressiva locale comprimendo trachea ed esofago o fastidio estetico.

Il grandissimo vantaggio è che con una seduta si riesce a ridurre di mediamente un 40-60% del volume iniziale ( in letteratura scientifica sono riportate riduzione anche del 80 %, ma va visto caso per caso ) di un nodulo evitando così al paziente l’intervento chirurgico. E’ logicamente necessaria un conferma di assoluta benignità del nodulo tramite agoaspirato per poi potere procedere con la metodica.

 

 

È una pratica ambulatoriale , necessita di una minima anestesia locale e il paziente può riprendere la normale vita successivamente. Logicamente va eseguita da professionisti specializzati che abbiano una comprovata esperienza in merito. Lo studio della regione del collo da oltre 30 anni, l’avere seguito oltre 100 mila ecografie tiroidee ed circa 42 mila agoaspirati tiroidei ed alcoolizzazioni mi permette di gestire il processo con assoluta tranquillità nel rispetto della fiducia che il paziente pone verso il curante.

 

 

Tomosintesi

Tomosintesi tiroidea 3D

L’ecografia tiroidea è ormai da anni diventata la terza mano dell’endocrinologo. Essa permette di creare una vera e propria carta d’identità della tiroide descrivendone in modo accurato le dimensioni, la sua ecostruttura, la sua vascolarizzazione, la presenza o meno di noduli e caratterizzando dei suddetti le peculiarità ecografiche : dimensioni, struttura, bordi, aspetto, vascolarizzazione, presenza o meno di calcificazioni micro o macro . Da alcuni anni l’Elastografia aiuta il clinico a screenare i noduli sospetti da sottoporre ad agoaspirato. L’ultima innovazione in campo di diagnostica tiroidea è la ecografia 3D. L’uso di sonde 3D e di software dedicati perfette di valutare le neoformazioni tiroidee anche nella terza dimensione ossia la profondità all’interno della ghiandola stessa (piano coronale).Tomosintesi tiroidea

Non è una solo misurazione di profondità tridimensionale del nodulo, ottenibile anche tradizionalmente ruotando la sonda , ma  permette di valutare immagini dei noduli misurando e valutando in modo molti più accurato i rapporti che questi contraggono con il normale tessuto tiroideo sano circostante. In natura tali formazioni non sono sempre sferici od ovoidali ma spesso almeno nelle formazioni sospette queste possono presentare margini sfumati con propaggini laterali o in profondità, estroflessioni  (è questo il senso dell’ecografia 3D) che possono andare a  deformare  il tessuto sano perinodulare.

Tomosintesi tiroidea

Questa caratteristiche sono molto meglio apprezzabili e valutabili con una ecografia tiroidea di secondo livello che utilizzando software dedicati possa valutare anche l’elastografia shear wave ( 3D -SWE) di quella parte del nodulo che si sviluppa in profondità. In analogia a quanto avviene  per lo studio delle neoformazioni mammarie , la Tomosintesi tiroidea 3D fornisce numerosi informazioni in più rispetto all’ecografia tiroidea standard consentendo di caratterizzare i noduli tiroidei, sopratutto quelli dubbi riducendo così l’eventuale necessità diagnostica di eseguire agoaspirati tiroidei per avere una citologia certa.

Tomosintesi tiroidea

Tomosintesi tiroidea

 

Alcolizzazione Tiroidea

L’alcolizzazione di cisti della tiroide o di noduli misti (Percutaneous Ethanol Injection, PEI) è una procedura che serve a  ridurre in maniera significativa le dimensioni delle cisti o di noduli misti della ghiandola tiroidea per ottenere  la loro quasi completa cicatrizzazione e scomparsa.
La procedura, pertanto, si esegue nelle cisti (a contenuto liquido) e  nei noduli ( non a contenuto solo solido) misti ossia costitutiti da parte solida e parte liquida (ematica o colloide) . Durante l’esecuzione dell’agoaspirato (vd agoaspirato tiroideo)  si esegue sempre l’aspirazione del liquido contenuto nella cisti tiroidea o del  nodulo misto  e questa è solitamente sufficiente a ridurne le dimensioni  Talvolta, tuttavia, questo può riformarsi anche in breve tempo, riportando la cisti alle dimensioni originali. Pertanto nel caso di cisti tiroidee di discrete dimensioni, recidivanti e determinanti sintomatologia compressiva o estetica, è solitamente posta indicazione chirurgica. L’alcolizzazione,  costituisce una valida alternativa all’intervento chirurgico. Si tratta di una procedura ormai consolidata, effettuata da molti anni,  soprattutto quando vi siano controindicazioni all’intervento chirurgico o il paziente rifiuti la tiroidectomia
L’alcolizzazione può essere effettuata solo dopo che sia stata accertata la natura benigna della cisti tiroidea, attraverso un’accurato controllo ecografico della tiroide e del collo e la valutazione citologica di quanto si è prelevato.
La probabilità di successo dell’alcolizzazione è elevata ( 90% circa).
Solitamente è sufficiente una sola seduta di alcolizzazione, ma in alcuni casi può esser necessario ripetere la stessa procedura più volte (da 2 a 6 ).

Procedura

Dopo avere effettuato il controllo citologico della formazione ed essere sicuri della reale natura benigna della formazione tiroidea in oggetto, e dopo aver documentato ecograficamente la ricomparsa di materiale liquido , precedentemente tolto durante l’agoaspirato tiroideo si può procedere con ciclo di alcolizzazioni mediante ago sottile. Sempre sotto controllo ecografico viene quindi iniettato nella cavità cistica un volume di etanolo sterile al 95% pari a circa metà del volume di liquido rimosso con l’aspirazione (solitamente 1-6 ml).. Questo crea sostanzialmente un processo infiammatorio tra le pareti del nodulo o della cisti con successiva riduzione della parte liquida e collabimento delle pareti che chiudendosi fanno si che la cisti scompaia. Possono essere effettuate varie sedute , fino al completo riassobimento della parte colloide o ematica.

Logicamente se si parla di una cisti questa si “seccherà” completamente, se altresì siamo di fronte ad un nodulo misto, verrà tolta la parte liquida mentre la parte solida rimarrà. Questa procedura consolidata da anni permette di ridurre notevolmente le dimensioni di formazioni nodulari e cisti tiroidee evitando così di dover ricorrere all’intervento chirurgico . Questo potrà logicamente essere preso in considerazione se il nodulo o la cisti fossero in ulteriore accrescimento o se dessero fastidi alla deglutizione o estetici.

Gli effetti collaterali sono fastidio locale, che il Pz minimizzerà tenendo ghiaccio sulla parte per circa 15 minuti dopo avere eseguito la alcolizzazione e rararmente è necessario utilizzo di FANS. E’ una procedura ambulatoriale , dura circa 15 minuti ed il Pz potrà successivamente riprendere la abituale vita.

Alcolizzazione Tiroidea
AlcolizzazioneTiroidea

Agoaspirato e Tumori Tiroidei

Agoaspirato e Tumori Tiroidei

I tumori tiroidei sono causati da un anomalo sviluppo di cellule neoplastiche all’interno della tiroide . Si dividono in forme differenziate (carcinoma papillare, carcinoma follicolare  e carcinoma midollare) ed in forme indifferenziate, più aggressive ma molto più rare  (carcinoma anaplastico).

Fattori che aumentano il rischio di malignita’ dei noduli tiroidei:

  • Storia di irradiazione al collo
  • Storia familiare di MEN2 o MTC
  • Eta’ <20 anni
  • Nodulo in fase di crescita
  • Consistenza dura, fissita’
  • Adenopatie cervicali
  • Disfonia, disfagia, dispnea, tosse secca
  • Paresi di una corda vocale

CAUSE e FATTORI DI RISCHIOanche se la causa del tumore alla tiroide è  in gran parte sconosciuta, esistono fattori di rischio per il suo sviluppo, tra cui spicca una pregressa esposizione del collo a radiazioni ionizzanti durante l’infanzia; dato confermato dall’incidente nucleare di Chernobyl.

Secondo alcuni autori, l’incidenza di questa patologia è più elevata nelle zone in cui si ha una carenza di iodio.

Una serie di malattie è stata chiamata in causa nello sviluppo del tumore tiroideo, anche se ad ora i dati i letteratura sono controversi: la tiroidite di Hashimoto (una malattia comune in cui il sistema immunitario attacca la ghiandola tiroidea); adenoma tiroideo (un’escrescenza non cancerogena nella ghiandola tiroidea), poliposi adenomatosa familiare (una malattia genetica che causa escrescenze anomale nell’intestino).

Una ricerca svedese ha dimostrato che le persone che si espongono per lavoro a solventi (tipo di sostanza chimica usata nell’industria manifatturiera, meccanica e tessile) hanno un rischio leggermente più alto di sviluppare un tumore alla tiroide rispetto al resto della popolazione.

Un caso su quattro di carcinoma midollare della tiroide è dovuto a mutazioni genetiche ereditarie ed esistono 3 tipi di carcinoma midollare tiroideo ereditario: tumore midollare tiroideo familiare, neoplasia endocrina multipla sindrome tipo 2°, neoplasia endocrina multipla sindrome tipo 2B.

Le donne sarebbero più soggette a sviluppare un tumore della tiroide rispetto agli uomini, forse a causa degli sbalzi ormonali dovuti all’apparato riproduttivo femminile; e la maggior parte dei casi di tumore delle tiroide colpiscono persone comprese tra i 30 e i 50 anni d’età.

SINTOMI: dopo aver analizzato la storia completa del paziente, l’accurata palpazione della tiroide informa sulla localizzazione, il volume e la consistenza dei noduli e la loro mobilità durante la deglutizione.

L’esame del collo può, inoltre, chiarire la presenza e l’estensione di un’eventuale coinvolgimento linfonodale.

I segni indicativi di un tumore maligno sono: noduli solidi o irregolari o fissati ai tessuti adiacenti; linfonodi palpabili al collo, rapido accrescimento del nodulo in settimane o mesi, difficoltà alla deglutizione dei cibi o raucedine.

Dato che l’incidenza di malignità nei noduli tiroidei è circa il 10% ( vedi Nel sociale, relazione Conclusiva) non essendo presenti sintomi tipici della neoplasia, se non in fase molto avanzata , si raccomanda l’esecuzione di una ecografia tiroidea di screening a tutti i parenti di chi soffra di malattie tiroidee (le patologie tiroidee presentano una elevata familiarità) ed almeno una vita nella vita nei soggetti che non hanno familiarità per malattie tiroidee.

DIAGNOSIL’endocrinologo, dopo aver individuato il nodulo, prescrive una serie di esami per misurare gli ormoni tiroidei nel sangue e il TSH, ovvero l’ormone che regola il funzionamento della tiroide per valutare un’eventuale modificazione patologica dei livelli ormonali che, in genere, è indice di una patologia di tipo infiammatorio o autoimmune più che tumorale. Vanno logicamente dosati anche i livelli di Ft3-Ft4 – TPO -TGA e Calcitonina (vedi Gli esami del sangue).

La scintigrafia tiroidea è un esame specifico per valutare il corretto funzionamento della tiroide, eseguito grazie alla somministrazione di iodio radioattivo. I noduli ricchi di iodio radioattivo appaiono alla scintigrafia intensamente colorati ( “noduli caldi”), mentre se il nodulo non ingloba iodio si definisce “nodulo freddo”.

Oggi l’esame più semplice per studiare la tiroide è l’ecografia, che permette di identificare i rapporti del nodulo con la ghiandola tiroidea, i tessuti circostanti e le loro caratteristiche.

In presenza di un nodulo sospetto, và eseguito sempre  un esame citologico ecoguidato, che consiste nel prelievo di materiale cellulare dal nodulo nel corso di un’ecografia, controllando la corretta posizione dell’ago introdotto attraverso la cute. (vedi Noduli tiroidei).

Questo esame risulta FONDAMENTALE per la sicurezza diagnostica tra nodulo benigno e nodulo maligno. Un ulteriore approfondimento diagnostico può essere costituito da una TC o risonanza per studiare meglio le caratteristiche del nodulo, della ghiandola, i suoi rapporti con le strutture del collo e del mediastino e lo stato dei linfonodi del collo.

A seguito del risultato dell’agoaspirato tiroideo si deciderà se il nodulo è benigno o maligno.

In Europa viene eseguita la classificazione  della British Thyroid Association che distingue 5 classi di refertazione (separando l’indeterminata dalla sospetta). 

Agoaspirato e Tumori Tiroidei

L’agoaspirato tiroideo ( FNAC ) è l’esame cardine che di fronte ad un nodulo tiroideo sospetto ( vedi Noduli Tiroidei ) ci permette di esaminare un campione di cellule provenienti da quel nodulo e poterlo quindi classificare come nodulo benigno, sospetto di malignità o maligno.

E’ un esame assolutamente indolore eseguito ambulatorialmente sotto guida ecografica che permette di prendere materiale da esaminare direttamente dai noduli che presentano caratteristiche dubbie.

La citologia che personalmente utilizzo , è quella in fase liquida, che rappresenta il presente /futuro rispetto alla citologia tradizionale su comune vetrino e presenta numerosi vantaggi, in primis la assente contaminazione ematica ( questo perchè tutto il materiale prelevato viene posto in una provetta con una soluzione chimica particolare che permette di separare il sangue dalle cellule tiroide ) con un evidente maggiore qualità ed attendibilità dell’esame, in secundis la standardizzazione del metodo e terza e più importante cosa permette di conservare cellule tiroidee per esecuzione di test di biologia molecolare da effettuare in caso di risultati dubbi.

Come gia accennato le classi di citologia tiroidea sono:

  •       Tir 1  ossia materiale inadeguato ( esame da ripetere )
  •       Tir 1 C  ( presenza di componente cistica )
  •       Tir 2   ( nodulo benigno )
  •       Tir 3 A   ( inconclusivo/indeterminato, lesione follicolare a basso rischio )
  •       Tir 3 B   ( inconclusivo/indeterminato, lesione follicolare ad alto rischio )
  •       Tir 4   ( nodulo altamente sospetto di malignità )
  •       Tir 5   ( nodulo maligno )

Le condotte mediche saranno osservazionali / ripetizione dell’esame nelle classi Tir 1-1C e 2 con controlli ecografici a 6 mesi dall’esame per valutare se nodulo in accrescimento volumetrico il ricorso a terapia medica TSH semi soppressiva ( Vedi Terapia con ormoni tiroidei ) e saranno logicamente chirurgiche dalla classe Tir 3 in avanti. Per discriminare noduli sospetti della classe Tir 3 si possono eseguire analisi di biologia molecole ( ricerca di mutazioni del gene BRAF …), PET TC per cercare di ottenere informazione sempre più accurate che ci permettano di indirizzare il Paziente verso una chirurgia tiroidea o verso controlli endocrinologici con ecografie tiroidee nel tempo.

Possono evidentemente essere chirurgici anche noduli delle classi 1 -2 se noduli di grosse dimensioni, a rapido accrescimento.

La condotta terapeutica e’ chirurgica per le classi 3, 4 e 5.

CURAI metodi usati per trattare il cancro della tiroide includono: la tiroidectomia, consistente nella rimozione dell’intera tiroide.

Un piccolo carcinoma papillare o follicolare della tiroide può essere curato con un intervento conservativo di lobectomia e istmectomia, cioè l’asportazione del solo lato coinvolto e del tratto di tiroide che unisce i due lobi.

Dopo l’intervento chirurgico, e dopo la radioiodioterapia ,si inizia la terapia sostitutiva con l’ormone tiroideo levotiroxina per tutta la vita: si tratta di una pillola che fornisce l’ormone mancante che la tiroide normalmente produce, sopprimendo la produzione di ormone stimolante della tiroide (TSH) dalla ghiandola pituitaria.

Il trattamento con lo radioattivo viene spesso utilizzato dopo la tiroidectomia per distruggere qualsiasi tessuto tiroideo sano residuo, così come le zone microscopiche di cancro alla tiroide che non sono state rimosse durante l’intervento.

Tale trattamento può essere usato anche per trattare il cancro alla tiroide che si ripresenta dopo il trattamento o che si diffonde ad altre zone del corpo.

La radioterapia esterna viene generalmente utilizzata per trattare il cancro alla tiroide che si è diffuso alle ossa, mentre la chemioterapia , di solito somministrata per infusione attraverso una vena, consentendo alle sostanze chimiche di viaggiare in tutto il corpo, eliminando le cellule in rapida crescita, comprese quelle tumorali, non viene comunemente usata nel trattamento del cancro alla tiroide, ma può dare beneficio ad alcuni pazienti che non rispondono alle terapie più standard.

Concludendo dobbiamo tranquillizzare i pazienti in quanto  i tumori tiroidei sono di facile cura tramite intervento chirurgico e la prognosi per i pazienti è generalmente molto buona;

questa logicamente è tanto più favorevole quanto più precoce è la diagnosi, per cui appare FONDAMENTALE il ricorso all’Ecografia Tiroidea che ci permette di diagnosticare in tempo anche piccoli noduli, che se sospetti vengono controllati con l’agoaspirato e se si conferma il sospetto clinica di neoplasia tiroidea avviati all’intervento.